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"Basta mangiare!". La musica, il dialetto cilentano e una canzone dedicata a Mimmo Lucano: intervista ad Aghèl

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mercoledì 21 novembre 2018
CilentoNotizie su GNews

Si chiama Angelo D’Ambrosio, in arte Aghèl, ed è uno dei musicisti più prolifici del Cilento.

Aghèl poterà la sua musica dal vivo alla vineria Hope di Palinuro (SA) venerdì 23 novembre.

Per l’occasione l’abbiamo intervistato.

Ciao, Angelo. La tua è una carriera pregna di musica e progetti, che vanno dai tuoi lavori più intimi e personali alle tue collaborazioni come session man per musicisti come Angelo Loia e Piera Lombardi: ti chiederei, tu come preferisci definirti? Come ti presenteresti a qualcuno che non ti conosce già?

Ciao! Diciamo che non mi definisco, anche perché non vedo esigenza di farlo. Oggi siamo fin troppo idealmente canalizzati e stilizzati quando facciamo la spesa al supermercato: può bastare. Da “musicista” posso dire, per quello che concerne i miei limiti, di avere a che fare con una cosa meravigliosamente bella e attraente: la musica. Difficile utilizzarla da tramite per autodefinirsi; ma, in modo del tutto decontestualizzato dai generi o correnti, mi piace suonare. Anzi, preferisco l’espressione non propriamente italiana che fa riflesso sul gioco. Mi piace giocare (in inglese il termine “play” indica sia “giocare” che “suonare”, ndr) e, al massimo, se proprio devo, dico di essere un “giocatore”. Che ‘ngrippo! (ride)

Naturalmente immagino che siano i tuoi progetti solisti a darti più soddisfazioni a livello artistico: ci fai una panoramica dei tuoi vari progetti?

Affatto: mi piacciono tutte le cose che riescono a creare la giusta empatia sensoriale, con tutte le vibrazioni del caso, indipendentemente se sono solo o con la band, senza limitazioni. È sempre un viaggio diverso. Al momento sto ultimando i nuovi singoli del progetto Atomoon, tra i quali un brano dedicato a Mimmo Lucano, che spero possiate sentire a breve. Contemporaneamente sto risistemando altre storie (dove canto in italiano) che già suono dal vivo per completare la scaletta degli inediti e che farò in parte all’Hope questo venerdì. Purtroppo le studio version di queste canzoni sono incomplete: ho perso i file delle batterie e sto provvedendo a ripristinarle con Dario Bruno, che le aveva precedentemente registrate. Poi, poi, poi, un’altra cosa in ballo esiste e sta prendendo forma concreta proprio in queste settimane, ma ve ne parlerò più avanti! E, vabbè, stavo dimenticando il mio duo Export con Denis Citera.

Una delle peculiarità dei tuoi brani è l’utilizzo del dialetto cilentano (per quanto il Cilento abbia in realtà una miriade di dialetti, differenti fra di loro anche a pochissimi chilometri di distanza): come mai questa scelta?

Diciamo che, quando parlo di alcune cose, preferisco il dialetto e non l’italiano, per la sua diretta efficacia comunicativa, ma anche per la musicalità, anche se il riscontro più interessante lo trovo sulle possibilità ritmiche, ma in genere mischio il dialetto con l’italiano e storpio l’inglese per dire stupidaggini.

Accennavamo alle differenze fra i dialetti, di paese in paese: credi che ci siano differenze anche a livello culturale, fra gli abitanti del Cilento? Culturale e, magari, anche attitudinale.

I nostri paesi, per quanto moderna possa essere la nostra era, conservano ancora stretto il legame con le origini rurali. I racconti (soprattutto mistiche credenze popolari) legati esclusivamente ai luoghi, testimoniano la diversa seppur incantevole bellezza, ma adeguata alle esigenze di chi ha insediato in epoche remote i nostri borghi. Quindi, penso di si: il dialetto, come alcune attitudini, sono leggermente diverse di zona in zona ed è molto interessante. Credo che oggi, però, il concetto di diversità debba essere divulgato e concepito partendo da queste piccole cose. È indubbiamente una ricchezza, con una sacrosanta precisazione: non limitiamoci solo al cibo! Basta mangiare!

Sei fra i musicisti che, nonostante le difficoltà del nostro territorio, sei rimasto legato al Cilento: quanto è difficile fare arte nel Cilento?

È facile creare, elaborare e respirare arte insieme alla salubrità dell’aria, ma è difficile, se non impossibile, operare.

Suonerai alla vineria Hope di Palinuro, venerdì 23 novembre: come sarà impostato il tuo live set?

Farò i miei brani del progetto Atomoon, eseguiti più o meno con la chitarra. Poi qualcosa in italiano, come accennavo prima, con l’aiuto di un minimo di elettronica live e loop station.

Vuoi aggiungere qualcosa?

Si, ma non lo faccio: vediamoci all’Hope e cercherò di aggiungerlo con le canzoni.

Saluta i nostri lettori.

Un saluto a tutti voi: spero di potervi regalare qualche “colore”. D’altronde, la musica si fa con i pennelli!

 
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