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VALLO DELLA LUCANIA TEATRO LA PROVVIDENDA LA FEMMINILITA’ AL DI LA’ DEL SESSO!

“METTICI LA MANO” INTERVISTA AI TRE ATTORI RECITANTI

Interviste di MARIA ROSARIA VERRONE

11032024 spettacolo femm vallo
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lunedì 11 marzo 2024
foto autoredi | Blog
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VERRONE: Benvenuti a Vallo della Lucania. Se non erro, Antonio Milo fu lei che propose allo scrittore Maurizio De Giovanni, dopo la rappresentazione televisiva tratta dalla sua opera “Il Commissario Ricciardi”, che vi ha dato grande popolarità, di scrivere una pièce teatrale per solo voi tre, come in questa rappresentazione. E’ così?

ANTONIO MILO: Sì, in realtà non pensavo a Maione ed a Bambinella, agli altri personaggi ricciardiani, pensavo ad un altro testo. Fu lui a voler rilanciare Maione e Bambinella, noi abbiamo accettato la sfida e pare che questa sfida sia riuscita con successo.

VERRONE: E’ molto evidente in questa opera la filosofia esistenziale del popolo napoletano. Lei è di Castellammare, vi sono differenze rispetto al “modus vivendi” napoletano?

ANTONIO Milo: Penso di no, Castellammare si può ritenere un prolungamento di Napoli nelle tradizioni e nella cultura. Cambia qualcosa nell’idioma, nella coniugazione dei verbi ma le differenze, in realtà, sono veramente minime.

VERRONE: Adriano Falivene Lei interpreta magnificamente il personaggio di Bambinella, con gestualità e mimica facciale incredibile. Pensa che ci siano differenze tra la femminilità di chi femmina nasce anche fisicamente e di chi si sente tale nel tempo? E se sì quali?

Adriano Falivene:E’ una domanda veramente meravigliosa. Nell’arco di questo studio del personaggio ho scoperto che effettivamente la donna che si può ritenere tale, come io ritengo Bambinella, ha una sua evoluzione, quindi forse è proprio il tempo che determina questa femminilità autentica. E non è tanto, secondo me, la questione della nascita, quella fisiologica, a determinare la natura del sesso dell’essere. Lo vediamo anche in natura esserci una sorta di dualismo e quindi io, da attore, lascio libera tutta la parte femminile che amo delle donne che ho incontrato nella mia vita, che mi hanno ispirato, che sono per me maestre. In qualche modo non dipende dal sesso in sé per sé, non vale se uomo o donna perché adesso lo vediamo spesso, ci sono tante famiglie dove l’uomo assume quel canone che solitamente una volta apparteneva alla donna, è più materno mentre la donna è quella che si logora andando avanti e indietro. Dal mio punto di vista è sempre come si fanno le cose, la buona fede delle due parti che devono convivere.

VERRONE: Ho letto che lei ha frequentato il Liceo Artistico, ma, rendendosi conto dei condizionamenti degli Artisti di Arte Figurativa, ha poi deciso di cambiare iter, diplomandosi all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Bellini, quindi intraprendendo la professione di attore. E’ ancora convinto che tale professione è più libera da condizionamenti?

Adriano Falivene: Diciamo che la mia scelta fu per una percezione di assenza totale di capacità di sacrificio che c’è nell’artigiano oggi che poi diventa artista. Questo per me nell’arte figurativa è palese. Per esempio in architettura, nel mondo antico, vediamo creazioni meravigliose e adesso quello che facciamo, a parer mio, non si può assolutamente paragonare. Questa totale assenza di poter riconoscere il sacrificio, ciò che trasforma l’artigiano in artista nell’arte figurativa, secondo me è ancora possibile riconoscerlo su un palco, l’unico luogo dove ci si eleva rispetto alla realtà. Sono ancora convinto che il teatro come il cinema siano potenti mezzi di espressione comunicativa come veicoli di messaggio di amore che purtroppo, ahimè, spesso viene sacrificato, ma in realtà è proprio la ragion principale per cui si fanno queste cose, le persone vogliono fruire di questo e chi fa questo lo fa per questo.

VERRONE: Elisabetta Mirra, Lei si sente un po' soffocata dal prevalere del protagonismo degli altri due attori, questo la condiziona o l’accetta con faciltà?

Elisabetta Mirra: Veramente no, non mi sento soffocata perché comunque è il nostro mestiere, quello, soprattutto quando si è più giovani, di stare con persone più grandi. Anche nel passato ho lavorato con Marisa Laurito, con Mariangela D’Abbraccio, belle presenze e quindi sono abituata ma ho la speranza di diventare grande anche io ma per questo ce ne vuole ancora.

VERRONE: Come è nata questa tua passione per la recitazione?

Elisabetta Mirra: Vengo da una famiglia teatrale, perché mio padre è un produttore e anche uno dei proprietari del Teatro Diana di Napoli, quindi sono nata e cresciuta in teatro. Quando avevo cinque anni guardai la commedia di Vincenzo Salemme, Fuori nevica, mi emozionai e da lì è scattata la scintilla di voler fare questo mestiere.

VERRONE: Pensa che questo personaggio, Melina, riesca a richiamare alle problematiche femminili anche di questa società attuale?

Elisabetta Mirra: Assolutamente sì, purtroppo, non dovrebbe essere così perché parliamo del ‘43 però la violenza di cui parla Melina è molto attuale. L’abbiamo visto con le due Giulie uccise dai loro fidanzati e compagni, purtroppo è una questione attualissima.

Verrone: Quale il progetto da realizzare in futuro?

Elisabetta Mirra: Sì, dovrei fare lo Zoo di vetro con Mariangela D’Abbraccio, sempre un’ opera teatrale.

VERRONE: Io vi ringrazio per la disponibilità. Ho avuto modo di vedere questa opera nel Teatro di Agropoli, qualche anno fa, ma sarà un piacere potervi ammirare anche qui, nel Teatro La provvidenza di Vallo della Lucania.

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